La pimpinèla
Ascolta l'inizio:
Dal disco:
Cantare, perché?
[ voci virili ]
Che bî ución che l'ha
oilì, oilà,
la fa innamorar.
Oi pimpinèla,
oi pimpinèla d'amor
d'amor, d'amor.
Che bei dentini che l'ha
oilì, oilà,
la fa innamorar.
Oi pimpinèla,
oi pimpinèla d'amor
d'amor, d'amor.
Che bèla bocca che l'ha
oilì, oilà,
la fa innamorar.
Oi pimpinèla,
oi pimpinèla
d'amor
d'amor, d'amor.
Scriveva Francesco Balilla Pratella nel 1919 di questo canto in cui « vengono successivamente nominate ed esaltate tutte le parti del corpo visibili ed invisibili ai profani della bella Pimpinella d'amor = Peppinella, Giuseppina » che doveva essere « molto conosciuto in tutte le regioni del settentrione d'Italia » .
Per quanto mi è noto, invece, la sua diffusione è limitata alla nostra regione, giacché nessuna raccolta a stampa ne riporta altre versioni, anche simili.
Inoltre per quel .« Pimpinella = Peppinella, Giuseppina » credo proprio che il Pratella sia incorso in errore: nella zona di ritrovamento del canto, a Medicina, numerosi agricoltori interpellati non hanno avuto dubbi nell'identificare la « Pimpinèla » con un'erba commestibile (Poterium Sanguisorba) usata nelle insalate. Anche l'Ungarelli, nel suo «Vocabolario del dialetto bolognese » riporta un proverbio che dice:
«L'insalè la n é bôna e la n é bela
s'an i äntra la pimpinèla»
Inoltre il giovane informatore che mi scrisse di suo pugno il testo, mise accanto al titolo la precisazione: « erba profumata di risaia »
Per ultimo aggiungiamo che, sovente, questi canti numerativi venivano usati come «canzone a ballo», cioè svolgevano la funzione di accompagnare le danze: infatti il notevole contenuto ritmico insito nella melodia è evidenziato dagli intercalari «ohilì ohilà» e dalle ripetizioni «d'amor, d'amor, d'amor».
F. Balilla Pratella: Saggio di gridi, canzoni, cori, danze del popolo italiano, Bologna, 1919, pp. 67-144
F. Balilla Pratella: Cante romagnole IV serie, Bologna, 1977 (partiture per coro a voci dispari, p. 12)
B. Carioli: Cante e canterini di Romagna , Ravenna, 1978, p.39.
Giorgio Vacchi